sabato 27 agosto 2011

Alla ricerca della Repubblica Promessa




Luglio - Agosto 1979, parte la missione di ricerca e soccorso delle unità  della marina militare, verso il mar cinese meridionale, vietnamiti in fuga alla ricerca di una speranza e di un futuro, molti ragazzi di leva chiesero di prolungare la ferma orgogliosi di quello che l’ Italia dimostra al mondo che si poteva fare, soccorrendo persone disperate ed in pericolo di vita dall’altra parte del mondo che rischiavano la vita loro e quella dei loro figli attraversando il mare per una speranza di vita migliore,

Luglio- Agosto 2011, sembra proprio di vivere in un altro stato, un'altra repubblica, barconi di persone lasciati naufragare, perdono la vita davanti alle nostre coste, o ignorati fino all’ultimo momento. Come può succedere?  Sicuramente non è un caso, il non intervento operativo, è evidente la regressione culturale e politica dei nostri politici, ma, fin dove vogliono arrivare? Fin dove sono disposti a spingere l’opinione pubblica? Mostrare come un pericolo pubblico un' umanità migrante alla ricerca di un futuro di una speranza, come storicamente e sempre avvenuto, seminatori di odio, alimentano paure eccessive, immotivate, tra persone già preoccupate per il futuro incerto.

Gerardo Musca

Libia, la verità? Fermare la Cina, inguaiando anche l’Europa

Scritto il 27/8/11 • nella Categoria: idee

Gheddafi è solo una maschera, il tiranno perfetto contro cui scatenare i media, quindi l’opinione pubblica e infine i Tornado. Berlusconi? Non conta niente, ha subito una guerra che non voleva, come del resto la manovra finanziaria “lacrime e sangue”. E gli alleati europei? Idem: nonostante le apparenze, la battaglia di Tripoli è contro di loro, innanzitutto: concepita per metterli nei guai. E persino «il povero Obama» ha dovuto abbozzare. Perché a decidere di trasformare la Libia in un inferno come l’Iraq è stato il super-potere di Wall Street. Con un obiettivo evidente: fermare l’avanzata della Cina. «Non è nemmeno questione di petrolio», dice Giulietto Chiesaall’“Espresso”: «Tra 5-10 anni non ci sarà più posto per Usa e Cina insieme: o troveranno un accordo, o saràguerra mondiale».
«Tutto quello che vi dicono sulla guerra in Libia è falso»: intervistato da Fabio Chiusi, Giulietto Chiesa teme che la “guerra sporca” in Libia prepari un Giulietto Chiesa futuro di tipo iracheno per il Nord Africa, e preluda a un conflitto mondiale. «La conclusione è chiara: c’è una tale disparità di forze sul terreno – non tra i ribelli e Gheddafi, ma tra la Nato e Gheddafi – che non ci può essere altro esito che una demolizione dell’attuale stato libico: demolizione che però non finirà la guerra». Uscito di scena il Colonnello – una volta ucciso o divenuto “fantasma” come Saddam prima della cattura – le forze lealiste radicate a Tripoli e Sirte potrebbero resistere a lungo, verso una crisi endemica: «La conclusione militare è certa, la conclusione del conflitto no». Come in Iraq: «Esperti come Angelo Del Boca hanno la stessa idea: perché la divisione del Paese è stata artificiale, organizzata, stimolata».
Nessun moto spontanea di ribellione della popolazione, nessun anelito democratico negli insorti? «Non c’è nessuna vocazione alla democrazia in nessuna di queste rivolte: le vocazioni democratiche sono risultate assolutamente minoritarie sia un Tunisia, sia in Egitto sia tanto più in Libia, dove laguerra è stata programmata con largo anticipo dalle forze occidentali. Questa descrizione dell’anelito dei popoli arabi alla democrazia occidentale è una delle falsificazioni più clamorose che siano state inventate nell’epoca moderna». E cosa li ha spinti, allora? Chiesa indica una «rivoluzione demografica di proporzioni gigantesche, negli ultimi 25 anni»: a differenza dei loro padri, i giovani arabi «vedono le tivù dell’Occidente, fanno i confronti, capiscono che i beni ai quali vorrebbero e potrebbero Entusiasmo filo-Usa a Bengasiaccedere non sono disponibili per loro e si rivoltano: è una specie di modello Albania su larga scala». Minoritaria la spinta verso un sistema democratico organico: in Egitto prevale il ritorno ai valori tradizionali.
Giulietto Chiesa insiste: la campagna contro Gheddafi era stata anticipata da francesi e inglesi su un sito militare, inoltre era noto che in Cirenaica ci fossero gruppi armati paracadutati dai servizi segreti americani e britannici. Terzo: si sapeva benissimo che esisteva un governo provvisorio rappresentante la Cirenaica a Londra. Composto da persone legate all’intelligence Usa e a fondazioni americane. «A un certo punto si è deciso evidentemente che bisognava modificare gli equilibri all’interno del Nord Africa». Perché adesso? «Perché l’Africa sta diventando il grande terreno del confronto, per ora non militare ma economico, con la Cina. La Cina sta conquistando l’Africa con forme economiche e finanziarie di grande portata. L’Africa è il terreno su cui la Cina dovrà costruire una parte rilevante del suo sviluppo e del sostentamento del suo sviluppo, alimentare ed energetico».
Tecnicamente, l’orizzonte – neppure troppo remoto – è quello di una Terza Guerra Mondiale. «Certamente, questo è l’avvio di uno scontro inevitabile», insiste Giulietto Chiesa: «Da qui a 5-10 anni al massimo non ci sarà più spazio per noi, l’Occidente, e per loro, cioè la Cina, su questo pianeta. E allora si porrà il problema: se, come dichiararono sia Reagan, che Clinton e Bush figlio e padre, il tenore di vita del popolo americano non è negoziabile, allora è la guerra. Oppure ci si rivolgerà in un’altra forma di cooperazione internazionale, ma di cui non vedo il minimo segno, ci si metterà d’accordo per una gestione unitaria delle risorse disponibili che non sono infinite ma Un tank dei ribellifinite». Una forma di decrescita: «Sostanzialmente sì, è evidente. La crescita non è più possibile. I prossimi 10 anni saranno di recessione dell’Occidente e di crescita di Cina, India, Brasile».
E chi dichiarerà guerra in questo ipotetico conflitto mondiale? «Gli Stati Uniti, sicuramente. La Cina non ha l’egemonia né culturale né artistica degli Usa». Pechino potrà dominare attraverso la sua presenza economica, ma non sarà sufficiente né per trascinare, né per convincere, né per diventare particolarmente attraente o seduttiva. «Solo chi è il più armato di tutti può decidere le sorti di questo conflitto imminente. Cioè gli Stati Uniti». Che però, sottolinea “L’Espresso”, in Libia sono rimasti nelle retrovie rispetto a Francia e Inghilterra. Vero: «Hanno agito nelle retrovie e sono stati molto intelligenti. Perché hanno usato alcuni dei problemi dell’Europa. In questo momento l’attacco è contro l’Europa. Se c’è qualcuno che doveva sputtanarsi erano gli europei. Così come stanno cercando di demolire l’Europa e l’euro per metterlo al servizio del dollaro, avevano bisogno anche di compromettere l’Europa in una operazione di più vasto respiro».
Di chi parla, Giulietto Chiesa? «Dei circoli che contano e hanno il potere negli Usa, e cioè i banchieri che si riuniscono a Wall Street una volta al mese per decidere i destini dell’Occidente. Non certo il povero Obama». Per Chiesa «non c’è nessuna democrazia in Occidente, non esiste più. Esiste un simulacro di democrazia attraverso il quale noi pensiamo di incidere sui destini del pianeta. In realtà la gente né in Europa né negli Usa conta nulla, contano loro e decidono loro. La crisi europea in questo momento è stata decisa da loro, da questo gruppo. Una oligarchia ristrettissima di uomini possenti, i cui limiti intellettuali sono evidenti ma di cui è altrettanto evidente l’assenza di limiti nelle loro ambizioni e nel loro egoismo. Sono Ribelli nell'est della Libiaquelli come Warren Buffet, i grandi potenti del pianeta. Che hanno in mano tutto».
Venendo all’Italia: Berlusconi avrebbe potuto o dovuto comportarsi diversamente? No, perché in questo gioco non conta nulla: «L’ha detto lui stesso: “Mi hanno dettato loro cosa fare”. Non voleva fare la guerracon la Libia, per ragioni sue personali, e gli hanno fatto fare la guerra. Non voleva in nessun modo adottare le misure europee e gliele hanno fatte adottare». Forse avrebbe potuto limitare i danni, ma «non aveva margini di manovra». Anche l’Italia comunque è stata facilitata, nel “salvare la faccia”, dalla risoluzione 1973 dell’Onu, che secondo Chiesa «ha cancellato lo statuto delle Nazioni Unite, che dice che un intervento dall’esterno è ammissibile solo se un paese minaccia la pace internazionale con le sue azioni. Ma Gheddafi non lo stava facendo, in quel momento; da tempo si era messo in linea con gli interessi dell’Occidente. Perché allora si è deciso che il suo regime non andava bene?».
L’attacco è stato motivato dall’urgenza umanitaria, ricorda “L’Espresso”: il Colonnello stava minacciando il bagno di sangue contro gli insorti. «Tutto questo è già stato dimostrato come falso», replica Giulietto Chiesa. «I 10.000 morti non c’erano e nessuno li ha mai visti, le fosse comuni lo stesso, i bombardamenti sui cortei della popolazione non c’erano. Ho lavorato su tutte le fonti disponibili e non ho trovato una sola immagine, una sola notizia attendibile. La notizia è stata data da “Al Jazeera”, ma era palesemente non credibile nel momento in cui è stata data. Perché dopo due giorni dall’inizio delle rivolte qualcuno doveva aver contato i 10.000 morti, e io vorrei sapere come si fa». Tutto falso? «Il fatto è che noi siamo in mano a un L'avanzata dei ribelli su Tripolimainstream media che racconta le balle che gli vengono presentate da qualche fonte normalmente organizzata dai servizi d’influenza».
Giulietto Chiesa non li chiama neppure servizi segreti: «Sono loro che producono notizie false: tutta questa ultima fase della battaglia è interamente falsa, perché abbiamo i testimoni là che ce lo raccontano. Non sono quelli che appaiono sui mainstream». Forze speciali paracadutate, ribelli appoggiati anche sul terreno in modo pesante, anche se i miliziani di Bengasi «contano come il tre di picche». Non sono stati loro a gestire la rivolta e non saranno loro a dirigere il dopo-Gheddafi: «Tutta questa storia è stata pompata, come con l’Iraq, perché prima si organizza la spinta di massa dell’opinione pubblica per accettare la guerra. E poi si fa la guerra: quando l’opinione pubblica ha ceduto». Parla per tutti il precedente vergognoso dell’Iraq: tutti i media pronti a “credere” alla menzogna delle armi di Saddam.
«Io l’ho detto dall’inizio», insiste Giulietto Chiesa, autore del bestseller “La guerra infinita” e del film “Zero” sulle montature della “guerra al terrorismo” attorno alla strage dell’11 Settembre. «Il mainstream agisce all’unisono per la semplice ragione che è interamente nelle mani di coloro che organizzano la guerra». Così, la gran parte dei giornalisti «non fa il suo mestiere e racconta le bugie che gli sono inviate sottobanco». Giornalisti, come dire, “poco attrezzati” per cercare di capire – e raccontare – quello che sta Il presidente siriano Bashar Assaddavvero accadendo in Libia. L’ennesima guerra per il petrolio? «No, quello lo prendevano lo stesso. Il problema è che Libia e Siria, oltre alla Giordania a dire il vero, sono gli unici due paesi del Mediterraneo che non erano ancora integrati nel sistema militare di difesa della Nato», dice Chiesa.
Una spiegazione geopolitica: per niente rassicurante. «Con la caduta di Gheddafi, la Libia entrerà nel regime di difesa militare della Nato, estendendolo a tutto il Nord Africa. L’obiettivo è di unificare sotto un unico comando militare non solo l’Europa ma anche il Nord Africa. Un’operazione di lunga prospettiva, molto strategica», vista soprattutto la crisi che attanaglia l’economia occidentale di fronte allo spettro della recessione. Il grande obiettivo? La Cina. Che va fermata sul Mediterraneo, prima che si prenda tutta l’Africa come sterminato serbatoio di risorse vitali per la propria tumultuosa crescita. E quindi, la parola passa alle armi: cioè alla Nato, che fa valere la sua attuale supremazia. Prossima mossa, la Siria? «Sì. Oppure l’Iran, ma quella è un’altra variante. Che emergerà solo quando la crisi sarà più acuta».
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venerdì 26 agosto 2011


IL MOVIMENTO

Berlino, occupata Alexanderplatz

La protesta contro il governo Merkel dilaga sui social network.
Seguendo l'esempio dei moti di protesta spagnoli, un gruppo di manifestanti tedeschi ha occupato nella sera di sabato 20 agosto la piazza principale di Berlino, Alexanderplatz.
E' iniziato tutto in seguito all'evento «aCAMPada Berlin goes aCAMParty», quando quasi cento persone si sono riunite per «dimostrare contro i recenti sviluppi politici, che non sono più compatibili con l'ordine democratico e con la Repubblica Federale di Germania».
«NO A UN EUROGOVERNO». Alla base del malcontento, l'intenzione dell'amministrazione Merkel di stabilire un governo economico europeo, la partecipazione della Germania alla guerra Nato contro la Libia e il sempre più probabile intervento militare in Siria. Elementi che, secondo i manifestanti, «mettono severamente a rischio pace e democrazia» nel Paese.
LA PROTESTA DILAGA SUL WEB. Il numero di dimostranti in piazza, secondo le ultime indiscrezioni, starebbe aumentando, giorno dopo giorno, tanto che la polizia ne avrebbe ripetutamente minacciato lo sfratto (guarda il video). Il movimento, che si è definito un «forum aperto al pubblico», ha ricevuto grandi consensi sulla rete: su Twitter e Facebook, ragazzi e ragazze si sono organizzati per dirigersi in massa a Berlino e unirsi al coro dei manifestanti.
Mercoledì, 24 Agosto 2011

mercoledì 24 agosto 2011

Ma chi ha vinto la guerra in Libia?

L'uscita di scena di Gheddafi, vivo a morto, è il futuro certo. Lui la guerra l'ha persa. Ma chi è che l'ha realmente vinta e chi governerà il Paese? [Ennio Remondino]



martedì 23 agosto 2011 09:58


Ma chi ha vinto la guerra in Libia?

Ma chi ha vinto la guerra in Libia?
di Ennio Remondino

Guerre orfane e senza figli. Le guerre, per quante ne ho conosciute e frequentate (e sono molte), hanno tutte un vizio: «Nascono orfane e muoiono sempre senza figli». Battuta da tradurre. Non c'è mai un padre riconosciuto all'inizio di un conflitto: è Gheddafi che ha esagerato nelle repressioni interne o è qualche leader occidentale (Nicolas Sarkozy in primis), che ha deciso fosse arrivato il momento utile per ripulire l'immagine degli amici dell'occidente sulla fascia mediterranea dopo Tunisia ed Egitto? Soprattutto, le guerre orfane non generano mai figli. Nel senso che le conseguenze imprevedibili e spesso catastrofiche del dopoguerra non vanno mai in conto a nessuno. O meglio, sono sempre figlie di chi la guerra ha perso. Comodo, scontato e sovente falso. Ma si sa: la storia, e purtroppo anche la cronaca, la scrive il vincitore.

La lezione Iraq e Afghanistan. Per memoria comune basterebbe ricordare le guerre bushiane in Iraq e Afghanistan. Combattimenti lampo con ritmi televisivi, e poi lo stillicidio di anni di "dopoguerra" che produce più vittime della guerra stessa. Saddam ucciso, ma cosa è il "dopo Saddam". Esiste ancora un Iraq unitario o è una finzione che mette assieme tre Stati ufficiosi e incompatibili tra loro? A nord c'è il Kurdistan di Arbil, al centro la Baghdad senza petrolio dei sunniti, e a Bassora i filo-iraniano sciiti. Per l'Afghanistan è pure peggio. Oltre al rosario di morti anche italiani che segna quell'avventura nata sull'emozione dell'11 settembre, alla caccia a Bin Laden, ora, a tornare con l'aurea dei partigiani liberatori dall'occupazione, sono i talebani che, visti più da vicino di un caccia bombardiere, fanno paura e vincono.

Mediazione tra ideali o tra Kabile? E con la Libia, come la mettiamo? Che governo nazionale nascerà dall'assemblaggio tribale tra le varie Kabile che compongono e governano i diversi territori tra Tripolitania e Cirenaica? Sappiamo che, all'inizio della rivolta armata dei senussiti di Cirenaica, orfani del regno di Idris, c'era anche qualche nucleo islamista e una sparuta pattuglia democratica (intesa nel concetto occidentale della parola). Ora assistiamo alla corsa al dissenso dell'ultimo minuto per riciclare antichi complici del vecchio regime. Che ne potrà uscire da una simile e indefinita accozzaglia di interessi contrapposti? Di certo il mondo dovrà fare i conti con un paese distrutto e con partner inaffidabili. L'occidente scoprirà presto di aver speso tempo e denaro per portare al potere un "Partito" di cui ignora natura e programmi.

L'occidente e i guai di casa sua. Ora l'occidente, bruciata la carta estrema dell'intervento militare, deve tornare alla politica, e qui cominciano i guai. Con quale credibilità, dopo quanto s'è visto nei casi già citati? E quale "occidente"? Quello dell'apparente disinteresse statunitense o quello del neo interventismo post-coloniale di una "Grandeur" francese alla Sarkozy? Tunisia ed Egitto attendono il compimento delle loro rivoluzioni e anche in quelle situazioni più favorevoli, il modello di democrazia in chiave occidentale fa fatica a trovare una traduzione in cultura musulmana. Nel frattempo restano al potere Bashar Al Assad in Siria, Ali Abdulla Saleh nello Yemen, Omar Al Bashir in Sudan e Mahmud Ahmadinejad in Iran. Con l'occidente costretto a rincorrere e trovare rimedi soprattutto alla crisi economica e finanziaria di casa.

lunedì 22 agosto 2011

Si conclude in un bagno di sangue l'ultima guerra umanitaria della Nato

http://www.peacelink.it/editoriale/a/34542.html

Gli editoriali di PeaceLink
Strage a Tripoli, i giornalisti sono asserragliati nei sotterranei

Si conclude in un bagno di sangue l'ultima guerra umanitaria della Nato

La propaganda ha presentato questo epilogo come una marcia trionfale, con le truppe di Gheddafi che si arrendono e la popolazione che fa festa. Invece è di centinaia di morti il bollettino di guerra, destinato a peggiorare perché in gioco non c'è la vita umana ma il petrolio libico
22 agosto 2011 - Alessandro Marescotti
In queste ore si sta consumando una strage a Tripoli.
Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano, ha parole amare:

"La missione della Nato e l’intervento della comunità internazionale sono stati giustificati sulla base di ragioni umanitarie e sarebbe un disastro – per la Nato e per la comunità internazionale – se i ribelli, arrivati a Tripoli, facessero quello che la Nato ha impedito di fare a Gheddafi a Bengasi".

La propaganda ha presentato questo epilogo come una marcia trionfale, con le truppe di Gheddafi che si arrendono e la popolazione che fa festa. Invece è di centinaia di morti il bollettino di guerra, destinato a peggiorare perché in gioco non c'è la vita umana ma il petrolio libico.Gli insorti possono contare sull'appoggio della Nato. Nella foto un blindato usato dai ribelli

Questa è una guerra cominciata nell'ipocrisia e che sta terminando nel cinismo.
Doveva essere un'operazione per rompere l'assedio di Bengasi e si conclude con l'assedio di Tripoli. Il prima era cattivo, il secondo è buono.
Doveva essere una "guerra umanitaria" per salvare vite umane e si conclude con un bagno di sangue.
Doveva essere il trionfo dell'Onu e invece adesso l'Onu tace, completamente esautorato.
La risoluzione Onu doveva servire al cessate il fuoco ma le milizie antigheddafi hanno detto che bisognava combattere fino alla vittoria, e hanno messo alla porta l'inviato dell'Onu, con il consenso della Nato.
Non importa chi vincerà e quando.
Questa guerra è una sconfitta per tutti coloro che l'anno sostenuta.
Si conclude in un bagno di sangue l'ultima guerra umanitaria della Nato, una guerra per procura in cui non volevamo rimetterci i nostri uomini e abbiamo fatto morire gli altri.
I vincitori di domani sono già pesantemente sconfitti oggi da questo spaventoso epilogo di sangue.


Note:Cover Operations" in Libia. Sono le operazioni clandestine che la CIA è autorizzata a compiere per aiutare i "ribelli". Da cinque mesi Obama aveva dato l'OK. "Anche la Nato è coinvolta nelle operazioni", ha spiegato poco fa Ahmed Jibril, portavoce degli insorti. Ormai è un'operazione "congiunta" fra insorti e Nato, ed emergono i retroscena di un'azione in aperta violazione della risoluzione Onu sulla Libia.

mercoledì 17 agosto 2011

Carissimi lettori e lettrici benvenuti in Alternativa Emilia Romagna

Chi siamo


Cos’è Alternativa

Alternativa è il movimento politico e culturale fondato da Giulietto Chiesa a Roma il 17 aprile 2010. Il nostro punto di partenza è rappresentato dalla convinzione che il modello economico e sociale attualmente dominante nel mondo, basato sull’idea di una illimitata espansione di produzione e consumi, è ormai diventato una megamacchina distruttrice della natura, della società, dello stesso equilibrio psichico individuale, ed è destinato al collasso in tempi relativamente rapidi, cioè nel corso di questa e delle prossime due generazioni umane.
La causa di fondo di questa svolta è l’esaurimento delle risorse, l’apparizione simultanea dei limiti allo sviluppo in molte direzioni essenziali, il superamento delle soglie oltre le quali il pianeta e i suoi complessi ecosistemi sono in grado di rigenerarsi La transizione ad un diverso modello di produzione e consumo è inevitabile, ma sta a noi far sì che essa si traduca nel passaggio ad una società più umana e solidale e non in una drammatica e sanguinosa crisi di civiltà, esito inevitabile se la lasciamo nelle mani di coloro che ci governano..
L’unico modo per evitare una transizione catastrofica e per guidarla verso un esito che permetta di ridurre grandi sofferenze è cominciare una vasta e multilaterale opera culturale, organizzativa, trasformatrice delle attuali forme di produzione e di consumo. In particolare il criterio principale per una tale riorganizzazione sarà quello della decrescita della produzione di beni e servizi materiali e di un progressivo aumento di beni esterni alla sfera del mercato.
Il dogma della crescita è ormai il cancro che ferisce a morte la natura e l’uomo; che erode il livello di vita della maggior parte delle popolazioni; che attacca selvaggiamente tutti i beni comuni per assoggettarli allo sfruttamento privato.
Alternativa ritiene che, proseguendo sulla strada di uno sviluppo dissennato come l’attuale, si finirà in guerra. Il tendenziale esaurimento delle risorse, la compromissione degli equilibri climatici produrrà una crescente competizione per il controllo dei flussi delle risorse. Una politica di pace e di convivenza tra le civiltà non può essere perseguita finché non si darà vita e sostanza a una nuova architettura istituzionale internazionale basata sul rispetto dei diritti fondamentali di tutti all’esistenza, a parità di condizioni. In altri termini si eviterà la guerra solo in condizioni di solidarietà internazionale, di condivisione dei problemi, di redistribuzione equa delle risorse esistenti.
Non potrà esservi pace a lungo se non si muterà l’attuale profonda ingiustizia nella fruizione delle risorse. Il mercato, in queste specifiche condizioni, produrrà in modo sempre più convulso, una serie di guerre sempre più distruttive.
Una pacifica convivenza su questo pianeta passa attraverso il rispetto delle sovranità nazionali, delle differenze culturali, psicologiche, storiche dei popoli, attraverso una democrazia internazionale che è interamente da creare.
Tutti i processi in atto indicano che stiamo assistendo alla fine dell’Impero americano e all’inizio di un mondo multipolare in cui l’Occidente nel suo complesso perderà inesorabilmente il suo ruolo centrale e dominante.
Il pericolo che incombe è rappresentato dal dato di fatto che il declino degli Stati Uniti avviene mentre essi sono dotati di una superiorità militare assoluta. E dal fatto, coesistente, che le opinioni pubbliche dell’Occidente non si rendono conto, nella loro stragrande maggioranza, che non sarà possibile per esse conservare a lungo i loro livelli attuali di forsennata espansione dei consumi. In queste condizioni non vi sarà nessuna leadership in grado di dire la verità. Da qui la tentazione di usare la forza per procurarsi i beni comuni e per allontanare nel tempo il momento della verità. Questa è una parabola suicidaria alla quale occorre opporsi con tutte le forze mobilitabili.
Nonostante alcune differenziazioni verbali, destra e sinistra non mostrano in realtà grandi differenze sui temi dello sviluppo e su quelli della pace e della guerra. Questo è legato al fatto che destra e sinistra sono entrambe interne al dogma dello sviluppo.
Alternativa non è un movimento di sinistra (anche se i suoi aderenti provengono in larga parte, per ora, da quelle radici ), né di destra, ma intende elaborare una proposta politica e culturale che salvi i valori fondamentali che hanno animato i movimenti di emancipazione delle classi subalterne, collocandoli in un contesto in cui essenziale diventa la solidarietà umana nella ricerca di una civile convivenza dei popoli. Con queste idee ci rivolgiamo a tutti coloro che hanno preso coscienza dell’incipiente crisi della nostra civiltà, qualsiasi sia la loro provenienza culturale e politica, coscienti che tutte le tradizioni culturali serie del Novecento contengono spunti di un pensiero critico nei confronti dell’attuale capitalismo distruttivo, e che tutte devono essere criticate e superate per elaborare un pensiero e una politica all’altezza dei problemi attuali.
Alternativa ritiene che i valori fondanti della Costituzione Italiana costituiscano i pilastri di questa costruzione umana, pacifica, solidale.
Alternativa nasce dalla coscienza che il nostro paese sta vivendo una crisi gravissima, che colpisce tutti gli aspetti della nostra vita e che sta mettendo in forse la tenuta della società e la stessa esistenza dello Stato unitario. La casta politica (di destra, centro e sinistra) che si divide il potere non vuole e non può fare nulla contro i gravi problemi che ci fronteggiano, ma pensa solo alla conservazione dei propri privilegi, e alle lotte per la spartizione del bottino. Deve essere combattuta in modo intransigente, in tutte le sue componenti.
In questa lotta lo strumento fondamentale non può che essere la partecipazione democratica dei cittadini, che devono essere direttamente coinvolti nelle scelte politiche delle amministrazioni pubbliche. Ad ogni livello e su ogni problema. Lo strumento fondamentale per questa lotta deve essere la difesa dei territori, nella sua accezione più vasta. Territori sono la terra, la città, la cultura, la scuola, l’educazione, l’energia, l’acqua. In una parola le condizioni di vita. Ogni attentato a queste condizioni è un attentato alla democrazia dell’oggi e del domani e alla convivenza pacifica.
I partiti sono necessari per il confronto politico democratico, ma quelli che occupano l’attuale desolante panorama politico italiano sono degenerati in casta autoreferenziale. Occorre attuare la Costituzione definendo per legge un controllo democratico sulla vita interna dei partiti, garantendo che ogni decisione, anche interna ad essi, sia soggetta a regole democratiche precise: dall’elezione dei gruppi dirigenti, alla definizione dei candidati, al controllo sulle fonti di finanziamento, alla gestione trasparente delle risorse economiche.
Alternativa ritiene che, per preparare e accompagnare la transizione che ci attende, sia indispensabile abbattere la Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna che ha trasformato milioni di individui in consumatori compulsivi. La Società dello Spettacolo nella quale viviamo non ci permette di vedere né il presente né il futuro.
Per questo è indispensabile affrontare prioritariamente la costruzione di un diverso sistema di comunicazione e informazione che sia democratico e racconti il reale. Senza questi strumento non sarà possibile raggiungere in tempo utile, cioè prima del sopravvenire della crisi generale, le menti e i cuori di miliardi di persone.
Sono infatti i gruppi ristretti e dominanti che controllano i flussi del mainstream e formano la coscienza su scala globale. E’ evidente che ogni proposta di superamento dell’attuale organizzazione economica e sociale si scontrerà contro questo potere.
Oggi i media sono un campo di battaglia politica di fondamentale importanza. Chi voglia lottare contro la transizione mortifera che i ceti dominanti stanno confusamente preparando deve sapere che “se non si è trasmessi non si esiste”.
Alternativa è un soggetto politico nuovo. Che non è alternativo a nessuno dei movimenti, gruppi, individui che hanno compreso la necessità di un profondo cambiamento, fuori e contro le logiche del mercato. Sappiamo anzi che questo cambiamento potrà nascere dalla confluenza di una miriade di esperienze rinnovatrici già esistenti e in sviluppo. Non pretendiamo dunque di riassumerle. Non abbiamo una visione autarchica. Non pensiamo a una setta isolata. Ci vorrà una nuova, grandissima unità popolare. Ci mettiamo al servizio di questa unità, che ancora non c’è e dovrà essere creata
Per crearla c’è urgente bisogno di un nuovo corpo di idee fondamentali: quelle che ci serviranno per passare attraverso un livello superiore di complessità, rappresentato appunto dalla transizione inevitabile.
C’è bisogno di un mondo diverso. C’è bisogno di Alternativa.